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LA STORIA

UNA CITTÀ A BORDOCAMPO

La storia del calcio jesolano è narrata con dovizia di particolari da Ludovico Sforza nel libro “UNA CITTÀ’ A BORDOCAMPO”. Ve ne proponiamo un estratto fatto di ricordi, foto d’epoca, ma anche di uomini e passioni.


Lo Sport è un momento di aggregazione e la sua storia è la storia della comunità che lo pratica. Il calcio è lo sport più diffuso al mondo: quello che ogni altro da il senso dell’aggregazione spontanea dal momento che tutti sanno giocare al pallone, poi basta avere un pallone, un prato due porte e ci si diverte e si fa sport.


Il calcio ha poche regole ma di immediata comprensibilità per la gente, il problema maggiore è trovare un prato dove segnare un rettangolo di gioco , ma non è un problema insormontabile, c’è sempre qualcuno pronto a dare una mano, anche tecnicamente. Per questo il calcio è di facile attecchimento nella società e ben si presta a rappresentare i colori della propria comunità, del proprio paese. E’ chiaramente un “gioco di guerra” che tutti coinvolge, che crea emozioni, che affascina. Il campo di gioco è il “campo di battaglia” dove si scontrano gli “eserciti”delle due comunità; chi “viola il castello” del nemico (fa cioè gol) vince.




Questo si è verificato anche a Jesolo. La più vecchia associazione sportiva della città è infatti quella calcistica, si chiamava AC Jesolo’91 Idrojet. E’ l’erede di quel sodalizio calcistico che è passato attraverso tutto il secolo nella vita, non solo sportiva, della città jesolana;





quello che affonda più di ogni altro le proprie radici nella storia di questa città nota per l’attività turistica , ma che in passato ha vissuto momenti duri per acquisire un livello di vita accettabile combattendo per anni contro la palude e la malaria, fino alla bonifica di quasi tutto il territorio. Senza scordare le distruzioni della prima guerra mondiale che ne avevano cancellato buona parte delle abitazioni.




Non si sa di preciso quando il calcio abbia messo le sue radici a Cavazuccherina, come allora si chiamava Jesolo: le tracce sono scarse ed impalpabili; i giornali locali dell’epoca non hanno certo registrato l’avvenimento : lo spazio veniva dato solo ai grandi avvenimenti dello sport.





E questo è un piccolo fatto storico. Per il periodo pionieristico e per la prima parte dell’esistenza dell’Ac Jesolo si è dovuta seguire la strada delle testimonianze, per lo più orali, dei primi protagonisti di quegli anni ‘20: quindi ricordi vaghi, testimonianze incerte a volte in contraddizione tra loro, alcuni documenti, alcune foto datate, alcune consunte tessere ULIC-FIGC.

Ma è certo che già nei primi anni ‘20 esisteva una squadra di calcio a Cavazuccherina che svolgeva una certa attività agonistica seppur a livello amatoriale. Questa squadra giocava su un prato dietro la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista (costruita tra il 1924 e il 1927). Il lato maggiore del rettangolo di gioco era orientato da est a ovest con dimensioni di circa 100×65 metri. Tutt’intorno vi erano dei canaletti di scolo per l’acqua piovana, anche se sembra servissero ottimamente per neutralizzare qualche focoso e scorretto avversario; non si trattava di un prato all’inglese, era piuttosto una spianata ricavata su dei prati e che servivano per pascolare sporadicamente il bestiame. L’erba, inizialmente rigogliosa, scompariva quando si iniziava a giocare. I tacchetti delle scarpe dei giocatori lasciavano segni indelebili, strappandone intere zolle ed il gelo invernale faceva il resto. Il caldo dell’estate successiva, poi, la bruciava e certamente non vi era la possibilità di innaffiarla; era una condizione uguale per tutti i campi da calcio per la zona del Basso Piave. Ed era già un lusso avere il campo! I costruttori del campo erano giovani commercianti, artigiani, operai, qualche impiegato, alcuni contadini vicino alla piazza.



Zenone Pianura, uno dei pionieri del calcio jesolano, ci apre uno squarcio interessante sulla realtà calcistica di quegli anni: ai giocatori tutti giovanissimi di 15, 18 anni, bastava poco per giocare: qualsiasi palla più o meno sferica, più o meno grande andava bene!



Il seme del calcio a Cavazuccherina era già stato lanciato così che si comincia a dar vita ad incontri-sfida tra le varie entità calcistiche del paese e dintorni. Zenone Pianura li chiama “I paesetti”. In realtà erano: Torre di Fine, San Donà, Caorle, Treporti, Cavallino, Ceggia. Una testimonianza di un anziano giocatore che ricorda che una partita tra lo Jesolo ed il Ceggia attorno il 1926. La squadra allora si chiamava “Azzurri di Jesolo” (siamo nel 1925) e la sua attività è per lo più amatoriale e lo dimostrano il modo di allenarsi e le partite che riesce ad organizzare. Nello stesso periodo si trasferisce a Cavazuccherina per motivi di lavoro Aurelio Zanon che aveva militato nella squadra dell’Associazione Calcio Venezia durante il campionato nazional di II^ Divisione del 1924/25: un ala veloce. Entrato a far parte della squadra jesolana, grazie ai contatti mantenuti con il calcio veneziano, Zanon riesce ad organizzare diversi incontri amichevoli con le squadre lagunari e mestrine che raggiungevano facilmente Cavazuccherina grazie al collegamento giornaliero con il vaporetto. Era però necessario disporre di un campo decente: così gli Azzurri di Jesolo, approfittando anche del favorevole clima politico, si costruiscono il proprio terreno di gioco spianandolo, piantandovi porte e bandierine d’angolo, infine tracciandolo secondo le regole e misure nazionali. Si sa che il problema maggiore di ogni squadra sportiva sono i finanziamenti per l’acquisto di scarpe, maglie, palloni senza contare poi le trasferte; anche la squadra jesolana passò dalla fase veramente amatoriale in cui tutti si autotassavano per la dotazione personale e per l’arredo del campo, ad un momento organizzativo più stabile. Fu avvertita la necessità di dare vita ad una struttura societaria adeguata e sicura.


UNA FORMAZIONE DEI PRIMI CAMPIONATI FIGC ANTE GUERRA


Nell’estate del 1929 si diede così vita ad un’unica società di calcio la cui esatta denominazione fu “Gruppo Sportivo Dopolavoro Jesolo” che aderì alla ULIC (Unione Libera Italiana Calcio) del comitato di San Donà di Piave. Questa prima struttura societaria, nella sua essenzialità , rimase tale fino al 1943, anno in cui, a causa dell’incalzare della guerra, i campionati nazionali vennero sospesi e vi fu una sporadica attività a livello locale. Presidente del Gruppo Sportivo Dopolavoro venne nominato Luigi Sclebin; responsabile tecnico Aurelio Zanon, che però continuava a giocare. La segreteria fu affidata a Rocco Priviero, mentre Berto Priviero, si prestava a molte delle incombenze: dalla cura delle maglie, all’arbitraggio, a tutto ciò che può occorrere ad una squadra di calcio. Con la nascita della struttura societaria venne anche la possibilità di partecipare ad una attività agonistica regolare, quella della I^Divisione ULIC su base provinciale, mentre proseguivano partite amichevoli di livello superiore per affinare la tecnica di gioco e l’affiatamento dei giocatori che ora non erano solamente di Jesolo ( così chiamata dal 1930) ma anche dei paesi vicini di Venezia. A Jesolo si videro così squadre di un certo valore come la Vetrocoke di Marghera, gli Avieri dell’aeroporto di San. Nicolò del Lido, l’Arsenale di Venezia; era presente addirittura la squadra universitaria di Ca’ Foscari. Oltre a compagini come il San Donà, il Fossalta ed il Noventa. E non potevano di certo mancare Buranese e Muranese. Intanto dal 1927 l’attività calcistica del Mandamento di San Donà di Piave era coordinata dal Comitato ULIC con sede sopra il vecchio Caffè Borsa e il presidente ne era Carlo Janna.


Nel 1945 finì la II guerra mondiale, ripresero faticosamente le attività normali e ci fu chi si diede da fare per ricostruire la squadra di calcio jesolana. A dire il vero anche durante il periodo bellico era continuata una qualche attività agonistica anche se il campo da gioco era stato occupato dall’Organizzazione paramilitare tedesca Todt che ne aveva fatto un deposito di materiali e di legname per le costruzioni di bunker di cemento, che avrebbero dovuto servire in vista di un possibile sbarco alleato alla spiaggia di Jesolo. Tuttavia a fianco e verso nord era stato possibile ricavare un campo piu’ piccolo e con l’assistenza di alcuni militari italiani i pochi giovani rimasti parteciparono nel 1944/45 ad alcuni incontri mandatari; sembra che allenatori fossero un certo Thomas Marcello e Renato Quartarone. Comunque sia dopo la fine delle ostilità che riprende l’attività agonistica del Calcio Jesolo: già verso la fine del 1943 era entrato a far parte del gruppo dirigenziale Bruno Tedesco, considerato il decano dei dirigenti calcistici jesolani. Tedesco appunto nell’estate del 1945, assieme a molti altri tra cui Evaristo (Brunetto) Murador, Almo Murador, i fratelli Santin, Antonio Priviero ed altri ancora si pose il problema di ricostruire la squadra di calcio. Innanzitutto fu data una nuova organizzazione societaria in sintonia con i nuovi tempi che si chiamò “ Associazione Calcio Jesolo”.

Tra i molti problemi che si affrontarono primario fu quello della ricostruzione del campo sportivo, che era stato devastato dall’organizzazione Todt e già verso settembre si era approntato; si reclutarono i giocatori, si allenano si fanno serie di incontri amichevoli con le squadre vincitrici. Poi si passa ad alcune partite amichevoli con squadre di categoria superiore; furono battute la Mestrina ed il San Donà che militavano in C1.






Alla fine ci si sente pronti e ci si iscrive alla rinata Federazione Italiana Giuoco Calcio. La categoria assegnata all’Ac Jesolo nel campionato 1945/46 fu la I^divisione veneta dilettanti.





Ma come si ricaverà da un intervista a Bruno Tedesco fatta da Ivano Brugnerotto, le difficoltà da superare furono notevoli sia perchè i giocatori formarono la squadra mano a mano che rientravano dalla guerra o dalla prigionia, sia perchè mancavano molte attrezzature, perfino le stesse divise da gioco.



Naturalmente non parliamo dell’aspetto finanziario per sostenere le trasferte e tutto ciò che comporta la gestione di una squadra di calcio: si sopperiva con mezzi personali e piccole donazioni dei tifosi e di alcuni appassionati. Le società calcistiche nel 1945/46 dovevano versarsare alla FIGC di Venezia la somma complessiva di Lire 28.000.



In quel primo campionato l’Ac Jesolo fece il suo esordio a Portogruaro perdendo 1 a 0 . Si comporterà dignitosamente per tre quarti di campionato – spicca la vittoria per 7 a 1 ottenuta il 6 aprile 146 a spese del Noventa – poi, con la primavera il crollo…..i giocatori non erano letteralmente in grado di affrontare a lungo un impegno agonistico così pesante: erano quasi tutti impegnati con il proprio lavoro ed uscivano da un periodo di privazioni e stenti generali. Il primo giocatore espulso del nuovo ciclo del calcio jesolana fu Alfier Arnaldo, per proteste. Il girone dove era inserito l’Ac Jesolo, l’H, comprendeva le squadre di Fossalta, Noventa, Musile, Meolo, Portogruaro, Ceggia, Cessalto e San Stino. L’Ac Jesolo come si leggeva sul Gazzettino del tempo – completamente spremuta- si classificò al terzo posto con 19 punti. L’allenatore era stato Antonio Priviero , un giocatore che aveva militato nella squadra degli anni ‘20. Le trasferte si effettuavano con un camion marca Dodge, acquistato in un campo di materiali abbandonati dall’Esercito Americano alla fine del conflitto. Indescrivibile le comodità dei giocatori!




(TESTI E FOTO TRATTI LIBERAMENTE DA “UNA CITTÀ’ A BORDOCAMPO” DI LUDOVICO SFORZA)

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